Intervista ad Andrea Ragusa su “Cause della decadenza dei popoli peninsulari” di Antero de Quental

Disegno di copertina di Giulia Panfili

Post in italiano (post em italiano). Oggi inauguro una nuova sezione di interviste su argomenti che si relazionano con ambiti cui solitamente mi dedico, tra i quali l’opera di Pessoa e la presenza arabo-islamica nella cultura portoghese. Entrambe le tematiche sono in qualche modo collegate al libro Cause della decadenza dei popoli peninsulari di Antero de Quental, recentemente pubblicato in versione italiana da Edizioni dell’Urogallo. Ne parliamo col traduttore e curatore del volume, Andrea Ragusa*.

Per prima cosa, Andrea, ti chiedo di parlarci del libro e del suo autore, Antero de Quental. Come li presenteresti a chi li incontra per la prima volta?

antero_coperta_frontLa definizione di Antero de Quental che mi è più cara è quella che diede di lui un suo grande amico, Joaquim Pedro de Oliveira Martins: «È un poeta che sente, ma è un raziocinio che pensa. Pensa ciò che sente, sente ciò che pensa».

Ora, se volessimo scegliere una data simbolica per addentrarci nella vicenda umana e letteraria di Antero de Quental (Ponta Delgada, 1842 -1891), potremmo concentrarci sul 1865, anno di pubblicazione delle Odes Modernas, opera che contribuì in maniera determinante allo sviluppo della celebre questione letteraria “Bom-Senso e Bom-Gosto”, comunemente considerato un punto di svolta nella letteratura portoghese. È con quest’opera che Antero de Quental, a quel tempo studente di legge all’Università di Coimbra, si pone sulla scena come poeta “moderno”, in evidente collisione con un panorama nazionale che egli stesso definiva ultra-romantico e che aveva in António Feliciano de Castilho il vate indiscusso. Utilizzo la parola “moderno” non nell’accezione di rottura con la tradizione, ma, in primo luogo, di rottura con l’autorità poetica e con la nozione stessa di autorità in letteratura: in Castilho, l’«arcade postumo», viene individuata l’autorità che non si vuole né si deve riconoscere. Questa tenace difesa dell’autonomia (considerata condizione essenziale della «poesia nuova») si riscontra anche in un’ affermazione di Fernando Pessoa, che scriveva: «Antero è seguace della filosofia tedesca, ma la poesia di Antero non è seguace di niente e di nessuno», osservazione che mi sembra totalmente condivisibile.

Per Antero, la poesia è «moderna» se «provvista di un ideale», se canta il proprio tempo, le tendenze (più che lo stato) della società, le lotte e le aspirazioni dell’essere umano: «La poesia moderna», si legge nell’introduzione alla prima edizione delle Odes Modernas, «è la voce della Rivoluzione, perché Rivoluzione è il nome con cui il sacerdote della Storia, il tempo, ha ammantato la fronte fatidica del nostro secolo». L’aspetto “sociale” della poesia giovanile di Antero si fa meno esplicito (seppur sempre presente) nell’opera poetica successiva e i Sonetos Completos, in particolare, rappresentano il canzoniere compiuto di un poeta “soggettivo” (usando un termine caro allo stesso Antero), più in dialogo con il pensiero di Leopardi che con quello di Proudhon: un poeta “soggettivo” che possiamo definire “cosciente”, poiché «emozionalizza un pensiero» (come osservava ancora Pessoa), esprimendo un’idea poetica e una verità morale attraverso un discorso che ha come base il sentimento e come strumenti la coscienza e la ragione. Antero de Quental, in quanto “poeta-pensatore”, è una delle personalità più eminenti della letteratura e del pensiero portoghese dell’Ottocento, un precursore ed un punto di riferimento per le epoche successive e in particolare per la generazione di Orpheu.

In ogni caso, soprattutto negli anni tra il 1868 e il 1875, che sono anche quelli centrali del suo “apostolato socialista”, è tra gli attori principali del dibattito socio-politico. È in questo contesto che, nel 1871, istituisce e organizza le “Conferenze democratiche”, insieme a Eça de Queirós, Jaime Batalha Reis, Teófilo Braga e altri intellettuali di quella generazione (poi divenuta celebre come “Generazione del ‘70”) presso il Casino Lisbonense. Si trattava di una serie di interventi pubblici che avevano l’obiettivo di costruire un dialogo, di fomentare un dibattito critico che coinvolgesse le parti sociali, nel tentativo di inaugurare «l’entrata definitiva del popolo sulla scena della Storia».

In Largo de Abegoaria (oggi Largo Bordalo Pinheiro) nel XIX secolo si trovava il Casinò di Lisboa

In Largo de Abegoaria (oggi L. Bordalo Pinheiro) si trovava il “Casino Lisbonense”

Dopo i primi quattro interventi – tra cui quello di Antero de Quental, dedicato alle Cause della decadenza dei popoli peninsulari negli ultimi tre secoli (che venne anche dato alle stampe nello stesso anno) – le conferenze vennero proibite per decreto ministeriale, a causa dei ripetuti attacchi alla Chiesa e ai rappresentanti dello Stato. Tuttavia, l’analisi di Antero sulla decadenza della Penisola Iberica tra il XVI e il XIX secolo rappresenta una pietra miliare, un vero e proprio «manifesto ideologico», come lo ha definito Eduardo Lourenço, che non cessa di essere attuale.

Sarebbe comunque riduttivo limitare a questo il ruolo di Antero de Quental nel panorama culturale portoghese. La sua evoluzione letteraria e spirituale culminerà negli anni successivi, quando darà alla luce le prose A Poesia na Actualidade (1881) e Tendências Gerais da Filosofia na Segunda Metade do Século XIX (1890). Non meno rilevanti sono i volumi Primaveras Românticas e, soprattutto, Sonetos Completos, pubblicato nel 1886, da considerarsi come un testamento poetico, le «memorie di una coscienza», come egli stesso le definì.

Perché pubblicare questo libro in Italia? Che interesse e che beneficio può trarne il lettore italiano?

Anche se si tratta della prima edizione di questo testo in Italia, va detto che il nome di Antero de Quental non dovrebbe risultare del tutto nuovo al lettore italiano. I Sonetos Completos vennero tradotti per la prima volta dall’erudito siciliano Tommaso Cannizzaro a più riprese e poi pubblicati integralmente, dopo la morte di Antero, nel 1898. In tempi più recenti, sono state pubblicate altre tre edizioni in italiano, integrali o antologiche, dei suoi sonetti, rispettivamente a cura di Brunello de Cusatis (Sonetti, 1991), Barbara Gori (Antero de Quental. Memorie di una coscienza, 2009) e Fabrizio Franceschini (Amore lotte pessimismo morte. Dodici sonetti di Antero de Quental, 2011).

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Antero de Quental nel 1871

La pubblicazione del testo di Cause della decadenza dei popoli peninsulari è rilevante perché ci pone dinanzi ad alcuni aspetti importanti (e probabilmente meno noti in Italia, se non a specialisti o appassionati di lusitanistica) della personalità letteraria e culturale del suo autore, permettendo di ammirarne le grandi doti di oratore e prosatore, non inferiori a quelle del poeta dei Sonetos e delle Odes Modernas. Allo stesso tempo, il testo delle Cause costituisce un interessante excursus all’interno della storia peninsulare ed un’ampia riflessione sull’iberismo, tema approfondito anche da scrittori cronologicamente posteriori, come Pessoa, Unamuno e, più di recente, José Saramago.

Antero attribuisce la decadenza della Penisola Iberica al rifiuto di quello che chiama «spirito moderno», individuato nello «spirito del lavoro e dell’industria», spiegando questa fondamentale “colpa” attraverso tre cause: una politica (l’assolutismo), una morale (la Chiesa della Controriforma) e una economica (il mancato sviluppo delle colonie d’oltremare). L’analisi di questi fattori costituisce l’ossatura logica dell’intera prosa. Non è tuttavia l’opera di uno storico, ma di uno «storico-filosofo» che invita a una riflessione di proto-sociologia politica. Non sono pochi, in questo senso, i parallelismi con il pensiero che pochi decenni dopo svilupperà Max Weber, specialmente riguardo al nesso tra protestantesimo e lavoro.

Le Cause di Antero sono quindi un testo “unico”, senza eguali nel panorama portoghese, sia per la risonanza pubblica che ebbe presso i contemporanei, sia per la caratteristica di manifesto strettamente ideologico che ha acquisito durante il XX secolo. Pubblicando questo libro in Italia si tenta di fornire un’altra tessera importante per la scoperta del mosaico che la variegata opera di Antero rappresenta.

La letteratura portoghese è sempre più apprezzata in Italia (si pensi a Pessoa e Saramago) ma non ancora conosciuta quanto quella di altri Paesi. È una letteratura effettivamente “di nicchia” oppure ci manca ancora qualcosa per comprenderne specificità e valore?

Non credo che la letteratura portoghese sia una letteratura periferica o “di nicchia”. Direi, invece, che ha bisogno di essere scoperta. Soprattutto in senso stretto, liberata dai veli, dalla patina che altre civiltà letterarie (come, in particolare, quella francese e quella italiana) hanno depositato su di essa. Credo che, ai nostri occhi di lettori italiani, Pessoa, Saramago (e, in misura minore, Cardoso Pires, Jorge de Sena e Lobo Antunes) siano più fruibili di altri, proprio per la loro grande capacità di sintesi dell’elemento specifico, nazionale e «civilizzazionale», con l’elemento esterno o straniero, e questa capacità, probabilmente, li rende maggiormente universali e “decifrabili”. Non dimentichiamo che fu proprio la “Generazione del ‘70” a interrogarsi coscientemente sul “francesismo” in cui versava la letteratura del secondo Ottocento portoghese, sottolineando l’equilibrio dell’elemento nazionale con quello esterno, specialmente nell’ambito della letteratura.

Probabilmente, la grandezza e l’importanza della prosa di alcuni scrittori come, ad esempio, Camilo Castelo Branco e Alexandre Herculano, si trova maggiormente in quell’elemento nazionale e peculiare che può risultare meno “decifrabile”, nell’immediato, ad un lettore non portoghese.

Questo succede nei confronti di molte civiltà letterarie, specialmente quelle che siamo soliti considerare “periferiche”. Ma se la letteratura non possiede un centro, perché dovrebbero esistere periferie? Esiste, questo sì, la letteratura come una galassia costituita da un insieme di stelle, più o meno vicine e più o meno visibili in base all’occhio che le guarda.

In ogni caso, specialmente negli ultimi dieci anni, sono stati innumerevoli gli sforzi di molte case editrici (tra cui le Edizioni dell’Urogallo) per la pubblicazione di scrittori portoghesi in Italia e questo ha permesso ai lettori italiani di interessarsi e conoscere maggiormente il mondo della letteratura portoghese.

Tornando al libro e parlando di storia della Penisola Iberica, ci si può domandare se l’autore menzioni i secoli di presenza arabo-islamica durante il medioevo iberico (ca. 711-1492). Come emerge l’al-Andalus nel libro di Antero?

Frontespizio causasAntero si riferisce in particolare al rinnovamento dell’aristotelismo che scaturisce nel XIII e nel XIV secolo grazie alle «scuole arabe e giudaiche di Spagna» e allude a «Mori ed Ebrei» in qualità di «razze intelligenti, industriose, a cui tanto devono l’industria e il pensiero peninsulare e la cui espulsione assume quasi le proporzioni di una calamità nazionale». Più che fare riferimenti approfonditi ai secoli della presenza arabo-islamica nella Penisola Iberica, allude in particolar modo alla tolleranza dell’epoca che seguì il processo di Reconquista da parte dei primi re cattolici, prima dell’espulsione di musulmani ed ebrei voluta dal re D. Manuel nel 1495: tale tolleranza, cui si riferirà anche in altri luoghi della sua opera, costituisce una delle fondamenta essenziali della “sintesi” che deve presiedere alla civiltà. È interessante osservare che a considerazioni abbastanza simili giunsero successivamente anche Oliveira Martins, in História da Civilização Ibérica, e Fernando Pessoa, nei frammenti riuniti di recente sotto il titolo Ibéria. Introdução a um Imperialismo Futuro.

Al Convegno AISPEB 2014, presso l’Università di Pisa, hai dedicato una conferenza a un altro testo di Antero de Quental, dedicato alla città di Venezia. Vuoi dirci qualcosa a riguardo?

Frontespizio del capitolo «Venice», di T. G. Bonney, (Picturesque Europe, 1878).

Frontespizio del capitolo «Venice» di T. G. Bonney, in Picturesque Europe, 1878.

In questo caso non si tratta di un testo redatto interamente da Antero de Quental, ma di una traduzione o “ricostruzione”. Veneza è uno dei tre capitoli (gli altri si intitolano  Normandia e Bretanha e Casas Nobres Inglesas) che Antero curò nel 1881 per l’edizione portoghese di Picturesque Europe, fortunata raccolta di cronache di viaggio già pubblicata a Londra nel 1878. I tre testi, nella versione portoghese, sono ampiamente manipolati da Antero, e in particolare quello relativo a Venezia. Partendo dall’originale inglese di Thomas George Bonney viene costruito un nuovo testo che solo in parte corrisponde a un’effettiva traduzione e che spesso viene arricchito da considerazioni di pugno dello stesso Antero o da citazioni di altri autori, e in particolare di Hyppolite Taine. Il risultato è una prosa che va molto oltre la cronaca di viaggio, poiché si sofferma su aspetti socio-culturali non approfonditi da Bonney nell’originale inglese. Anche in questo caso possiamo osservare le innumerevoli allusioni (di pugno di Antero) al ruolo di Venezia in quanto «mediatrice» tra culture, città «semi-orientale» in cui si fondono armonicamente il «latino e il bizantino, l’occidentale e l’orientale, il cristiano e il maomettano».

Questo lavoro di “ricostruzione”, in cui da una parte si elimina e dall’altra si inserisce, ci permette di individuare alcuni punti focali del pensiero storico, artistico e sociologico di Antero de Quental, spesso in diretto dialogo con molte affermazioni già presenti nelle Cause, o in altri testi come O Futuro da Música. È, inoltre, un esempio importante per analizzare il processo e la pratica della traduzione nel XIX secolo. Va ricordato che proprio in quegli anni fece scalpore la versione del Faust di Goethe fatta da Castilho, e che all’interno dell’opera dello stesso Antero esistono vari esempi di traduzione dall’inglese, dal tedesco e dall’italiano, oltre ad alcuni testi in cui si sviluppa una riflessione che potremmo chiamare “abbozzo di teoria” della traduzione.

Infine ti chiedo: com’è stata l’esperienza del tradurre e organizzare questo libro? Cosa ti lascia questo percorso, a livello personale/interiore e come traduttore?

Per costruire il volume delle Cause della decadenza dei popoli peninsulari ho scelto di unire al testo della conferenza anche altri documenti relativi alle “Conferenze democratiche”, tentando, in questo modo, di fornire un quadro il più possibile completo della vicenda, inserendo la conferenza di Antero all’interno del panorama in cui venne alla luce. Nell’Appendice, in particolare, si trovano due testi abbastanza estesi – la Risposta ai giornali cattolici e la Lettera al Marchese d’Ávila e Bolama (all’epoca primo ministro del Regno) scritti ancora da Antero – ma anche il programma delle Conferenze, il decreto ministeriale che ne sancisce la proibizione e il testo dell’interpellanza presentata successivamente in Parlamento. La postfazione di Pablo Javier Pérez López completa il volume, presentando una riflessione e un approfondimento sull’idea di iberismo nell’opera di Antero e, più in generale, all’interno della letteratura iberica.

Al di là dell’importanza  e della specificità dei testi, credo che l’aspetto più interessante – e, allo stesso tempo, più complesso per il traduttore – fosse la resa della fluidità poetica della prosa originale. La prosa socio-politica di Antero, come detto, non è in alcun modo inferiore alla sua poesia: non a caso, un grande narratore come Camilo Castelo Branco, riferendosi alla Risposta ai giornali cattolici, la definiva «una delle cose più belle ed eloquenti» che avesse letto in lingua portoghese. Possiamo dire che raramente in dei testi socio-politici risieda una simile rilevanza letteraria e in questo, probabilmente, si trova molta della loro complessità, ma anche molto del loro fascino e della loro inesauribile bellezza.

*Andrea Ragusa (Torino, 1979) è traduttore e dottorando presso il Dipartimento di Studi Portoghesi dell’Universidade Nova de Lisboa. Integra il centro di ricerca IELT (Instituto Estudos de Literatura Tradicional) della stessa facoltà, dedicandosi in particolar modo alla letteratura portoghese del XIX secolo. Collabora con la casa editrice Urogallo di Perugia, in qualità di traduttore e revisore editoriale, e ha collaborato con le riviste Página Aberta, Submarino, Quaderni del CE.PA.M., Estudos Italianos em Portugal e Revista de História de Arte. Ha tradotto in italiano opere di Antero de Quental, José de Almada Negreiros, António Ramos Rosa, José Eduardo Agualusa, João Paulo Borges Coelho e José Castello.

Sito delle Edizioni dell’Urogallo | Letteratura dal mondo di lingua portoghese e galega: http://www.urogallo.eu/

Il disegno di copertina di Cause della decadenza dei popoli peninsulari è di Giulia Panfili.